Siamo Elisabetta e Claudia, due giornaliste che vivono a Milano, nella “zona arancione” del coronavirus. L’8 marzo 2020 la Lombardia si chiude: da quel momento tutto il mondo parlerà di noi. Nel silenzio di una città surreale abbiamo iniziato a raccontare quello che succede dentro le nostre prigioni e in quelle degli altri. Così è nato questo progetto di storytelling.
Come nella fortunata serie Netflix ambientata in un carcere femminile, “Orange is the new black“, la nostra Litchfield è fatta di donne che, da un giorno all’altro, si sono trovate a vivere in uno spazio ristretto e da questa prigione si sono inventate un modo per guardare fuori.
Nei giorni più difficili della pandemia abbiamo iniziato a raccontare storie di vita quotidiana, iniziative e progetti positivi che potessero accompagnarci in questi giorni di isolamento forzato dal mondo. Perché se il Covid-19 ci ha messo tutti dentro, questa è la nostra evasione: uno spazio per farci riscoprire quel senso di comunità che a Milano abbiamo un po’ smarrito, ma che in fondo appartiene a ognuno di noi.
Da quando è scoppiata la pandemia abbiamo raccolto più di cento storie di persone comuni che, chiuse dentro le proprie case, hanno creato qualcosa di innovativo e si sono reinventate. La nostra Litchfield è diventata così anche un punto di osservazione privilegiato sulla gente che ha attraversato questo momento difficile ed eccezionale.
Milanese, classe 1987. Negli ultimi due anni ho lavorato per i notiziari e i programmi di Radio Popolare, dove ho anche aperto il blog “La nave di Penelope“. Nei precedenti cinque, per il quotidiano La Repubblica, come cronista e responsabile del settore “Educazione e scuola” a Milano. Ho pubblicato articoli e fotografie per altri quotidiani, come Avvenire e Il Manifesto.
“Sono nata e ho trascorso gran parte della mia vita a Milano. Amo definirmi una “milanese imbruttita”, ma il mio rapporto con questa città è sempre stato di amore e odio. Un sentimento che sente solo chi è cresciuto qui e che mette d’accordo chi sul codice fiscale ha F205. Tutti i milanesi farebbero propria la frase degli Articolo 31: “Milano, quando sono lontano voglio tornare, quando ci sono voglio scappare”.
Qui voglio raccontare la vera faccia di Milano per mostrare che non è solo Isola, Brera e l’aperitivo. Ma neanche grattacieli, cemento e nebbia. La storia di chi ci vive è il cuore pulsante questa città”
Comasca, classe 1987. Ora all’ufficio stampa del Ministero dell’Istruzione e nello staff della comunicazione del Ministro Patrizio Bianchi. Mi innamoro delle storie, a volte le scrivo. Dove? Da qualche anno su Huffington Post e La Repubblica. Mi sono formata alla scuola di Giornalismo “Walter Tobagi” di Milano. Ho scritto per La Gazzetta dello Sport, Il Venerdì e Il Giorno – Sport. Per il Corriere della Sera ho realizzato un reportage sulla vita dei circensi.
“Milano è la grande città che non avevo mai conosciuto. Sono arrivata nell’anno di Expo 2015 e l’ho sempre vista cambiare, in meglio. Qui ho trovato nuovi amici, una famiglia e tante storie. Ho imparato ad amare questa città la domenica, immergendomi nella varietà dei suoi quartieri. Milano è tante cose, dipende con quali occhi la guardi”.