Otto marzo 2021. È passato un anno esatto dalla creazione di “Orange is the new Milano”. Dalla nostra passeggiata in una città che per la prima volta si era svegliata in zona arancione. Nessuno di noi aveva ancora capito che cosa sarebbe successo di lì a poco. Le parole del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non venivano percepite con la giusta gravità. Il coronavirus era una cosa poco chiara, c’era qualche caso qua e là. Un paio di zone rosse. Ancora non usavamo parole come “lockdown”, “dpcm”, “distanziamento sociale”. Le parole a cui ci siamo rapidamente abituati durante quest’anno e che ormai fanno parte della nostra quotidianità.
Ironia della sorte: anche in questi giorni, la Lombardia è di nuovo in zona arancione. “Arancione rinforzato” o “arancione scuro”, questa volta. Nuovo anno, nuovo lessico. In 365 giorni, abbiamo visto cambiare i colori della città, della regione e dell’Italia intera. Andiamo verso la terza ondata, si parla di varianti del virus e ci sembra di essere tornati al punto di partenza. Ma con nuovi strumenti e nuovi obiettivi. Ora la priorità sono i vaccini, che arrivano a singhiozzo. Solo un anno fa non avevamo neanche i tamponi per diagnosticare l’infezione.
Abbiamo arricchito il nostro vocabolario di “termini pandemici”: congiunti, dispositivi individuali di protezione, rime buccali, quarantena, tampone antigenico, tampone molecolare, test sierologico. Solo per citarne alcuni. “Lockdown” è, secondo il vocabolario inglese Collins, la parola più utilizzata dell’anno.
E poi, se un anno fa eravamo in affanno per l’assenza di Amuchina e mascherine, ora siamo inondati di gel sanificante di ogni marca. Si pensi solo ai produttori di alcolici che hanno riconvertito, almeno per un periodo la produzione. Così, invece di trovare l’amaro Ramazzotti in un bar, svetta la boccetta di sanificante, con lo stesso logo, sulla scrivania di un medico. Medico che veste magari un camice Armani. Non per vezzo, ma perché, nel momento di estremo bisogno, alcuni stilisti hanno deciso di fare la loro parte, chiedendo ai loro dipendenti di dimenticare, per un momento, i capi di alta moda per confezionare camici e mascherine per gli operatori sanitari, mandati per mesi allo sbaraglio senza le giuste forniture.
Visibilità, ritorno d’immagine, non importa. Durante questi mesi, in Italia, abbiamo visto tanta solidarietà. Chi si è impegnato davanti ai riflettori, chi dietro le quinte. Con piccole azioni o grandi. Milano, da questo punto di vista, ha dimostrato non solo di avere un’affidabile ed enorme rete di solidarietà. Ma anche tanta gente che ha deciso di mettersi in gioco e fare la sua parte, da sola o in gruppo. Abbiamo raccontato centinaia di storie in questi mesi. Anche attraverso le vostre lettere. E siamo sicure che ce ne sono tante altre che aspettano di essere scritte.
E così, dall’8 marzo 2020 a oggi, attraverso “Orange is the new Milano” si sono create amicizie, collaborazioni. Insieme a voi, abbiamo creato una rete: uno dei nostri obiettivi fin da subito, quando le relazioni interpersonali passavano attraverso gli schermi dei cellulari e non si poteva uscire di casa.
In un anno, anche noi, abbiamo attraversato, come tutti, diverse fasi. Iperattività, giornate di pulizie domestiche matte e disperatissime, serate in cucina da grandi chef. Poi c’erano i canti dai balconi, il momento della giornata che ci faceva sentire la vicinanza, almeno per un momento, di tutto il quartiere. Le chiacchiere dalla finestra tra vicini, alcuni sconosciuti. Poi momenti bui di paura e inattività. Lo stress tra allentamenti e chiusure.
Abbiamo creato questo sito l’8 marzo 2020, cercando di fare la nostra parte. “Siamo giornaliste non medici, ma vogliamo dare una mano. Cosa possiamo fare?”. Abbiamo deciso di usare i nostri “ferri del mestiere” per parlare con voi, tenervi compagnia, creare un senso di comunità che si stava perdendo, in un momento in cui i rapporti sociali sono spariti. Raccontare cosa succedeva nelle case degli altri, per farvi capire che tutti quanti provavamo le stesse sensazioni, tutti quanti eravamo soli. Ma eravamo tutti insieme in questa situazione. E tante storie potevano essere fonte d’ispirazione o conforto. Tanti si sono reinventati e hanno trovato la forza di fare qualcosa per gli altri, anche quando tutto andava storto.
Abbiamo cercato di raccontarvi cosa succedeva nella quotidianità, nel silenzio delle case dei milanesi, quando il racconto corale dei media assomigliava a un bollettino di guerra e non lasciava spazio per altro. Quando il suono continuo delle ambulanze o l’incertezza del futuro ci angosciava tutti. Siamo andate avanti nelle fasi successive, incoraggiate dai messaggi che ci mandavate, cercando nuovi spunti, raccontando cosa succedeva, come cambiavano le nostre vite.
Siamo al giorno numero 365, siamo ancora qui ad accompagnarvi. Magari siamo meno produttive. Ci perdonerete, dopo il lockdown abbiamo dovuto conciliare le mansioni quotidiane con questo progetto di storytelling. Ma non abbiamo intenzione di abbandonarvi e siamo felici di leggere le vostre lettere e pubblicare le vostre storie. Non sappiamo che cosa succederà in questa nuova fase arancione in cui ci troviamo. Né che cosa avverrà dopo. Ma l’Orange team è ancora qui e vi accompagnerà e vi terrà la mano in questo nuovo mondo.
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