Lettere a Litchfield – “Bisogna avere il coraggio di essere propositivi. Così la pandemia mi ha cambiato la vita”

Un anno fa, era il 21 febbraio 2020, arriva la notizia del primo paziente italiano positivo al coronavirus, a Codogno, in provincia di Lodi. Da quel giorno la nostra vita non è stata più la stessa. Stiamo ancora combattendo con una pandemia con cui dovremo conviverci, concordano gli esperti, per un paio d’anni. Intanto, per molti, è già tempo di bilanci. In questi lunghi mesi tanti hanno colto l’occasione per cambiare buona parte della loro vita, in meglio. Ce lo racconta, in questa lettera, Stefania Frattari, “una trentacinquenne con i capelli rosa”, che nella vita ha fatto un po’ di tutto, dalla segretaria alla receptionist e anche la fiorista, ma da ogni mestiere, scrive, “ho sempre cercato di trarre il meglio e l’ho sempre svolto con il sorriso, il rispetto e l’umiltà di imparare cose nuove”. La pandemia ha avuto un effetto ancora più forte nella sua vita tanto che, a un anno di distanza, si accorge di come le abbia cambiato anche lo sguardo sul mondo.

“Bisogna avere il coraggio di essere propositivi e di osare. Non andrà sempre bene, ma quando si riesce a intravedere una luce nel buio più nero, bisogna festeggiarla”. Stefania Frattari, autrice di questa lettera, ha deciso di lasciare il suo lavoro in un momento difficile, anche dal punto di vista economico, per seguire un sogno. Così ha creato l’associazione “Lasciatemidivertire“, – il nome viene da una poesia di Aldo Palazzeschi – e che ha come vetrina una pagina Instagram, che è un tripudio di colori e creatività. Frattari organizza laboratori per bambini, sperando di poter coinvolgere presto anche i nonni, in uno scambio creativo intergenerazionale. E così, anche se, confessa, oggi le sue tasche sono più leggere, è felice della strada che ha intrapreso e di costruirla mattoncino dopo mattoncino. Un sogno, quello di lavorare con i bambini, che ha sempre coltivato, prima a Caserta, con la compagnia Teatrale “La mansarda”, e poi a Milano, per il “Museo del giocattolo” di Cormano. E adesso si è messa in proprio.

La parola d’ordine è sempre questa: reinventarsi. Ce lo racconta, in questa lettera che riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Stefania Frattari

Mi chiamo Stefania, casertana di nascita, milanese d’adozione.

Il giorno prima della chiusura totale ero in un bar del centro con un’amica che non vedevo da anni (un’attrice che da li a poco si sarebbe esibita al Teatro Piccolo di Milano per, ahimé, l’ultima volta) con in braccio mio figlio di quattro mesi, che mi toccava il volto e si dimenava. Le spiegavo le difficoltà di avere due figli piccoli, un lavoro da dodici ore che ti riduce a essere uno zombie e dall’altro canto avere un’idea fissa di voler emergere, migliorare le proprie potenzialità, ascoltare una vocina interiore che come un tarlo ti sussurra: “Segui il tuo sogno!”.

La pandemia, in effetti, mi ha dato la spinta che cercavo: da quell’angolo in cui mi ha costretta, ha interrotto bruscamente la mia routine e mi ha dato la possibilità di riflettere più profondamente sulla mia esistenza.

Il primo mese è trascorso veloce. La novità era quella di vivere la famiglia con più consapevolezza, con più calma. Si giocava insieme sin dalle prime ore del mattino, ci siamo raccontati i nostri desideri più profondi, ci siamo ritrovati. Ma con il passare dei giorni aumentavano le preoccupazioni per il futuro: mio marito è un personal trainer (palestre serrate/instabilità) e l’unica sicurezza era pensare al mio lavoro come fiorista presso un’azienda, anch’essa in standby, ma con più margine di ripresa.

Notte dopo notte combattevo i miei demoni interni, non volevo ritornare in quella gabbia lavorativa che mi ero scelta solo per esigenze economiche. Per tanti anni ho subito prevaricazioni, delusioni ma soprattutto non potevo esprimere il mio vero Io.

Pensavo però a tutte le persone che avrebbero dato qualsiasi cosa per avere il mio posto e il mio stipendio. Mi sentivo in colpa. Che prezzo bisogna pagare per essere felici? In questo periodo così fuori dal comune, che ci ha fatto capire come è effimera la nostra presenza sulla Terra, che vita vuoi vivere?Erano queste le domande che mi ponevo. Continuare a essere un automa era la più grande punizione che potevo infliggermi.

Una mattina ho aperto a caso un libro dalla mia libreria e ho letto una poesia di Palazzeschi: “E lasciatemi divertire!”. In quel momento è avvenuto un rovesciamento, ho trasvalutato tutti i miei valori e mi sono licenziata. Una scelta molto audace e travagliata, ma sicuramente adottata con una grande consapevolezza di cosa volevo fare. Lo stesso giorno in cui ho rassegnato le mie dimissioni ho, infatti, aperto la mia associazione e una pagina Instagram, da dove ho urlato al mondo chi sono per davvero: “Lasciatemidivertire” è stato il mio grido di libertà! Il mio sogno è semplice: organizzare e ideare con i bambini dei laboratori creativi con materiali di scarto o materiali naturali. Perché, per divertirsi, basta davvero poco se ci si lascia trasportare dalla fantasia.

Sono una forte sostenitrice del pensiero indipendente e creativo: non importa cosa o quanto creiamo, ma il processo che ci porta alla realizzazione della nostra idea. Datemi dello scotch e delle forbici e vi creo un mondo nuovo!

E, in questa mia nuova apertura al mondo, c’è stato un altro aspetto che mi ha colpito molto positivamente: la generosità del mio quartiere. Mi sono presentata a delle consolidate realtà milanesi – come Capoverdefiori e piante ed EastRiver –  spiegando loro l’importanza di creare una rete concreta per sostenerci a vicenda. Ebbene, tra settembre e ottobre scorso, mi hanno dato la possibilità di svolgere in tutta sicurezza i miei laboratori. Ho scoperto nuovi amici, ho percepito il bello delle persone. 

Bisogna avere il coraggio di osare ed essere propositivi. Non andrà sempre bene, ma quando si riesce a intravedere una luce nel buio più nero, bisogna festeggiarla! Oggi le miei tasche sono leggere, ma ho così tanta voglia di contribuire a diffondere la creatività che voglio credere che il mio sogno non sia solo un miraggio. Il mio prossimo obiettivo sarà guidare dei laboratori misti tra bambini/e e nonni/e, per riuscire a integrare ed esaltare le conoscenze e le qualità di ogni età”.


 

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