Tutto è iniziato il 12 gennaio con il liceo classico Manzoni. Poi, come in una staffetta, gli studenti delle superiori di Milano hanno iniziato a occupare le loro scuole. Una per volta. Alcune per poche ore, altre per un giorno e una notte. Ad oggi il testimone è passato dal Manzoni al Boccioni passando per Tito Livio, Volta, Severi-Correnti, Vittorio Veneto, Parini, Cremona-Zappa, Berchet, Einstein, Virgilio. Nell’elenco figura anche una scuola privata nell’elenco: il Rudolf Steiner. E la lista sembra destinata ad allungarsi.
Protestano perché vogliono tornare a scuola, facendo lezione in presenza. Ma in sicurezza. Protestano perché vogliono che la scuola diventi una priorità per questo Paese.
Sono occupazioni portate avanti da piccoli gruppi, per rispettare le norme anti-Covid e contare sull’effetto sorpresa. Senza l’obiettivo di durare più di un giorno, la palla domani passa a un altro liceo. Così è come una lunga occupazione, ognuno fa il suo pezzo.
Non tutti gli studenti però sono d’accordo. C’è chi ha paura di contagiarsi e contagiare. Chi non è contrario alla Dad (la didattica a distanza) o si è abituato. E, infine, chi è d’accordo con le ragioni della protesta, ma non con il metodo.
Abbiamo deciso di far parlare loro, gli studenti. Quelli del Severi-Correnti, di via Alcuino, in zona City Life, che hanno scritto una lettera con le loro riflessioni all’indomani dell’occupazione. Un’occupazione che hanno realizzato in sicurezza, creando una bolla: tutti gli occupanti erano stati sottoposti a tampone da una mamma che di professione fa il medico.
L’occupazione è durata una notte, come da accordi con la preside. Perché, a differenza delle occupazioni a cui le cronache ci hanno abituato, queste sono quasi tutte negoziate con i dirigenti scolastici. Il dialogo è importante e questa generazione di studenti lo sa bene. A supportarli, e a controllare che andasse tutto bene, c’era anche un docente di Storia e Filosofia, Alberto Locatelli, che ha scritto a sua volta una lettera.
Condividiamo le loro lettere:
La lettera degli studenti del Severi-Correnti
La lettera di Alberto Locatelli, docente del liceo Severi-Correnti