La didattica a distanza non è scuola. Gli studenti non hanno dubbi. Dopo la protesta organizzata dai ragazzi del liceo scientifico Volta davanti a Palazzo Lombardia, in questi giorni si moltiplicano le iniziative dal basso per dire no alla dad. Stamattina gli studenti del liceo di via Benedetto Marcello hanno organizzato un altro presidio: armati di pc, si sono trovati davanti alla sede della Regione per seguire le lezioni. A distanza, ma insieme. Non isolati ognuno nelle proprie case come vorrebbe, invece, la nuova ordinanza. E invitano anche le altre scuole a partecipare a questa protesta simbolica, sperando che le note sul diario fioccate dalla penna dei docenti di alcuni istituti non intimoriscano l’affluenza.
Stessa scena, stamattina in zona San Siro. Protagonisti gli studenti del liceo scientifico Vittorio Veneto, di via De Vincenti, che si sono dati appuntamento nella piazza davanti alla scuola. La loro protesta continuerà fino alla fine della settimana. Su Instagram hanno scritto il vademecum delle cose da portare: cuffie o auricolari, mascherina, uno o più dispositivi digitali e il power bank. A tutto il resto ci hanno già pensato i ragazzi del collettivo: “Misureremo a tutti la temperatura e abbiamo anche un generatore per ricaricare i computer quando si scaricano”, spiega Giacomo Lanzi del collettivo Roberto Franceschi del liceo Vittorio Veneto. Le distanze verranno mantenute e saranno garanti tutti i presidi di sicurezza: gli studenti verranno posizionati a tre metri di distanza dagli altri e ci sarà gel sanificante per tutti. “Rispetteremo tutte le norme”, assicura Lanzi.
Eccoli. Seduti a gambe incrociate, con il pc sulle ginocchia e le cuffie nelle orecchie, ad ascoltare i professori dietro allo schermo. “La nostra è una protesta pacifica, vogliamo solo fare lezione”, dice Lanzi. Ma anche “farci sentire il più possibile e dire che non siamo d’accordo con queste misure”. Misure che ancora una volta penalizzano i più giovani. E loro lo sanno. “La scuola non è solo il luogo in cui andiamo per imparare, ma è anche il posto in cui ci formiamo come persone e come cittadini. Tutto questo, con la didattica a distanza, non è possibile”.
Su questo i ragazzi sono quasi tutti d’accordo. Lo dicono con amarezza, e sono convinti che le istituzioni e la politica fino ad ora non abbiano fatto abbastanza. Pensano che in questi mesi le singole scuole abbiano fatto la loro parte, ma quello che vedono, ora, è che non è servito. Queste misure, dicono, colpiscono tutti. Indiscriminatamente.