Lettere a Litchfield – “È tornata la Dad e i miei studenti mi dicono già buon Natale”

Il ritorno alla didattica a distanza ha investito le scuole lombarde, con un’ondata di sconforto e rassegnazione. E anche un po’ di rabbia e delusione. “Sai già che sarà la scuola, insieme ai teatri, alla musica, ai cinema, a pagare un prezzo elevatissimo per quello che riguarda la cultura di questo Paese che sbanda: il conto arriverà pesante, benché diluito nel
tempo”.

Ce ne parla Elena D’Incerti, docente di Lettere dello storico liceo classico Beccaria di Milano, in queste pagine di diario.

Elena D’Incerti

Venerdì 23 ottobre 2020

“Primo (?) giorno di confusione sul destino della vostra vita scolastica. Siete già in modalità mista: mezza 2A in aula e mezza 2A segue, occhieggia, interviene dai quadratini della lim, o almeno ci prova. Poiché pare che da lunedì tutti gli studenti delle scuole superiori lombarde saranno a distanza, provi a sondare gli umori di questi ragazzi che da settimane sembrano palline impazzite di un flipper che gioca con ingressi e uscite scaglionati in continua evoluzione, turni, migrazioni interne all’edificio, smezzamenti del gruppo. Il tutto condito da un’ansia crescente, perché qualche classe in quarantena cominciate ad averla anche voi.

Sono muti. Tu hai un occhio sul libro di greco, un occhio sullo schermo e ogni tanto sbirci il cellulare: ‘Il sindaco si oppone assolutamente all’ipotesi di didattica a distanza’. ‘Fermi tutti, ragazzi, ascoltiamo Sala che parla da una delle sue stories su Instagram’. E poi magari, già che ci siete, anche la ministra che dal suo profilo Facebook difende la scuola in presenza senza se e senza ma.

‘Quindi, prof, vale di più il Dpcm di Conte o l’ordinanza regionale di Fontana?’.

A dire il vero non sapresti più nemmeno stabilire se i vostri destini si giochino a un tavolo di trattative istituzionali oppure sui social… e saresti quella che deve insegnare anche l’educazione civica.

Se c’è una cosa che ti rimarrà impressa di questa giornata stralunata – l’ennesima – sono le ragazzine che ti chiedono di uscire (distanziate) e che vedi rientrare un po’ concitate con l’albero di Natale recuperato dall’armadio della loro vecchia classe. ‘Perché?’ azzardi. ‘Boh, prof, chissà se quest’anno lo rifaremo’. Nell’incertezza collettiva la loro testa è insomma già a dicembre, alle feste.

Un po’ di rabbia ti sale: avete passato l’estate a risolvere il rompicapo del metro statico – no lineare – tra le rime buccali, ad approntare un piano che integrasse almeno un po’ la didattica tradizionale e quella digitale, mentre nessuno si occupava di organizzare un piano dei trasporti adeguato. E sai già che sarà la scuola, insieme ai teatri, alla musica, ai cinema, a pagare un prezzo elevatissimo per quello che riguarda la cultura di questo Paese che sbanda: il conto arriverà pesante, benché diluito nel tempo.

Anche la rincorsa quotidiana al tracciamento dei positivi è affannosa: ognuno ha una storia diversa e degna di essere ascoltata, ma tra mail, tamponi, certificati medici e referti le narrazioni si annullano tutte, annegano e perdono identità nelle segnalazioni di routine ad Ats.

Ultima ora, 5A. Ti riproponi di non parlare di turni, recuperi, chiusure e coprifuoco e vai dritta su Leopardi, consapevole peraltro che la disperazione di Giacomo quest’anno sia un peso ulteriore al tedio delle loro giornate in cui amici, amori e legittime leggerezze sono di certo in fase calante.

Anche loro alla fine salutano scaramanticamente con un ‘Buon Natale, prof’. Provi un senso di straniamento e proprio non riesci a capire perché stamattina gli adolescenti decontestualizzino la situazione fino a questo punto”.

Sabato 24 ottobre 2020

“È ormai quasi certo che la didattica da lunedì sarà solo a distanza: pesa solo l’incognita di un nuovo Dpcm orientato alla proposta di uno sparuto 25 per cento di alunni in presenza che facciano quotidianamente rimbombare le loro voci in aule semi deserte.

Il malcontento cresce: per le 13 fuori dal cancello del liceo è stato organizzato un flashmob con cui i ragazzi vestiti da fantasmi accusano le istituzioni di considerarli invisibili. Come puoi dar loro torto?”.

Lunedì 26 ottobre 2020

“Il Dpcm è uscito, ma ha delegato alla Regione la decisione finale (?) di lasciare tutti a casa per un mesetto scarso. Il nastro sembra riavvolgersi alla primavera scorsa, se non fosse che i ragazzi sono nelle loro camerette davanti al pc e voi prof nelle aule vuote a parlare con loro da dietro lo schermo e dare, chissà, un segnale di resistenza.

Un groviglio di suggestioni segna questa prima mattina senza studenti: la rassegnazione si mescola al senso di responsabilità, ma non sai se siete pronti a questo che non è un lockdown eppure gli assomiglia molto. Né sai se siete davvero preparati a insegnare e a imparare in questo modo.

Vi rimane il privilegio di continuare a condividere tempo ed esperienze, che è un po’ di più che ‘sharare’ lo schermo della lim.

Oggi – pensi – nessuno ti dice più ‘buon Natale’. E chissà perché: Natale in fondo è diventata la meta”.

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