Le scuole chiudono. Di nuovo. In Lombardia, da lunedì 26 ottobre riparte la didattica a distanza al cento per cento nelle scuole superiori. Fanno eccezione i ragazzi con bisogni educativi speciali, che potranno continuare in aula. Partono con le lezioni online, in realtà, solo gli istituti che sono già in grado di effettuarla. Gli altri si dovranno adeguare il più in fretta possibile.
Siamo alla sesta settimana di scuola. L’illusione di avere ricominciato, dopo l’estate, in presenza – seppur tra mascherine, sanificazioni, l’intervallo nelle classi, senza bar e senza le macchinette – non è durata neanche il tempo di un quadrimestre. Si torna a distanza, come ai tempi del lockdown, con i quasi 400mila studenti lombardi collegati da casa e le scuole in fermento per riorganizzare l’orario e le attività. Ancora una volta in isolamento con quella didattica a distanza, ribattezzata dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, “integrata e digitale”.
Ma perché si torna alle lezioni del lockdown? Non certo per evitare i contagi in aula. I dati dell’Istituto superiore di sanità indicano che i focolai a scuola, nell’ultima settimana, sono il 3,5 per cento del totale. E che sono in calo. In realtà, portare la didattica a distanza al cento per cento serve a svuotare gli autobus, le metropolitane e i treni regionali.
Abbiamo chiesto a una professoressa e a una sua studentessa dello storico liceo classico Beccaria di Milano di raccontarci l’inizio di questa prima settimana di ritorno alla didattica a distanza. Ognuna dal suo punto di vista.
Leggi la lettera di Elena D’Incerti, professoressa di Lettere
Leggi la lettera di Elena De Giglio, studentessa del quinto anno