Quando riparte la scuola è un po’ capodanno per tutti. Siamo abituati a vedere settembre come l’inizio dell’anno, il momento in cui darci nuovi obiettivi e in cui tutte le attività ripartono. Ma questo è l’anno del coronavirus e tutto è segnato dall’incertezza. Soprattutto dopo un’estate in cui, per citare la psicologa Ilaria Albano, “ci siamo presi una vacanza anche dalla pandemia” e i contagi stanno salendo. Ma a che punto stiamo? Come sta cambiando il nostro modo di percepire la realtà e affrontare questa pandemia?
Abbiamo chiesto proprio a Ilaria Albano – la psicologa che durante questo lockdown ha lanciato la #carapsicologachallange e con cui abbiamo avuto modo di confrontarci su diverse questioni legate al nostro stare in casa durante il lockdown o su cosa potrebbe cambiare nelle nostre vite quando si tornerà alla normalità e su come vivevamo l’inizio della Fase Due – di fare il punto con noi su questo nuovo capitolo dell’anno del coronavirus.
Gli italiani come hanno vissuto questo periodo vacanziero? È sorpresa da alcuni comportamenti?
“Non sono del tutto sorpresa: ai primi dati rassicuranti e, soprattutto, al primo weekend estivo disponibile, abbiamo percepito quella ‘liberazione’ che tutti aspettavamo, allontanandoci, come era prevedibile, dall’esame della realtà. E, allora, abbiamo allentato la tensione, reinterpretato le disposizioni e, perfino, deriso chi indossava la mascherina. Anche se i medici e il buon senso ci suggerivano prudenza, molti di noi sono ‘andati in ferie’ anche dalla pandemia”.
Il bel tempo e la leggerezza tipica dell’estate hanno messo un po’ in secondo piano i rischi e le paure dei mesi precedenti. Perché?
“È emblematica un’espressione che si ascolta sempre più spesso: ‘Ci hanno rinchiuso’. Frasi o commenti di questo tipo, ci suggeriscono come molti attribuiscano la responsabilità del lockdown a delle regole ‘decise da altri’, percepite come delle imposizioni, più che delle azioni di contenimento della pandemia. E, infatti, al primo segnale positivo, si è trovato il modo di aggirarle, complice la voglia di leggerezza, tipica dell’estate. Oltre al rispetto delle regole, sarebbe utile fare un lavoro più intenso sulle motivazioni, informando e accogliendo le perplessità di chi non è esperto, educando allo spirito critico nella consultazione e nella diffusione di notizie non ufficiali e offrendo sostegno psicologico a chi nega e non accetta questo fenomeno e le sue conseguenze. Molti, spaventati dal non poter vivere al meglio i momenti di svago, dicono che il ‘vero virus’ sia la paura. Quando, purtroppo, il ‘vero virus’ resta, ancora, il virus”.
Com’è cambiato il modo di rapportarsi a questa pandemia dall’ultima volta che ne abbiamo parlato?
“Dopo l’iniziale situazione di emergenza, il tempo ci ha permesso di elaborare quanto è successo, esserne consapevoli, ragionare sulle possibili conseguenze e, nei casi più devianti, ideare delle strategie (e delle teorie) per negare la pericolosità della situazione. Non solo: alla paura del virus, ora si è affiancata, comprensibilmente, la paura delle conseguenze economiche che tutto questo porterà”.
L’autunno è alle porte. La curva dei contagi è in crescita. Come affronteremo questa nuova fase?
“Una volta terminata l’euforia della ‘liberazione estiva’, saremo costretti a scontrarci con la possibilità di una seconda ondata. E tornare alla realtà, dopo un periodo di ‘ferie’, non è mai semplice: oltre alla delusione, potremmo accusare un forte senso di stanchezza mentale nel dover riaffrontare un capitolo, considerato da molti ormai chiuso”.
A tal proposito, come si affronta il rientro a scuola e in ufficio?
“Quello della famiglia è un sistema complesso e il cambiamento di un qualsiasi tassello al suo interno deve essere gestito con molta attenzione e sensibilità. A mio parere, tutto dipenderà dalle modalità: spero che il ritorno alle vecchie abitudini non generi nuove perplessità”.
Il graduale ritorno in ufficio e l’abbandono, parziale o totale, dello smart working cambierà di nuovo la routine delle persone. Che impatto avrà a livello psicologico?
“Molte persone, sperimentando lo smart working, hanno imparato a confrontarsi autonomamente con il carico lavorativo, rivalutando l’importanza di stare in famiglia e imparando a gestire al meglio il proprio tempo libero. Al contrario, per molte altre sarà come ritornare a respirare. Diverse aziende stanno gestendo il ritorno in ufficio in mondo graduale e intervallato e penso che sia questo il modo migliore per farlo: potrebbe essere una buona occasione per preservare i vantaggi dello smart working e mettersi meglio in ascolto delle esigenze del lavoratore”.
Studenti e insegnanti dopo più di sei mesi rientrano in classe. Come lo vede?
“Penso che il ritorno a scuola sia necessario, per le famiglie come per gli studenti. Diventa urgente ridare spazio a tutti quegli elementi educativi e di socialità, difficilmente replicabili nella didattica a distanza. Negli scorsi mesi più che mai, abbiamo capito che la funzione della scuola va ben oltre quella di imparare delle nozioni, prendere dei voti e ricordare delle poesie. A scuola si va anche per imparare a interagire in gruppo ed emanciparsi gradualmente dalla famiglia; senza questo aspetto, si impoverisce di molto l’esperienza scolastica”.
In caso di una nuova ondata di contagi in autunno e di conseguenti restrizioni, come reagiremo?
“Se pensiamo allo scorso autunno, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che avremmo dovuto affrontare una pandemia. Ora, invece, diverse persone mi hanno detto di avere già pensato a cosa fare in caso di un secondo lockdown. Mi auguro che tutti noi possiamo fare tesoro di ciò che abbiamo vissuto lo scorso inverno: adesso siamo preparati, possiamo predisporre interventi più organizzati e, a livello psicologico, avere risposte più consapevoli”.
Mascherine, contatti ridotti, paura di contagiarsi o di contagiare: le regole impongono una nuova socialità e un modo diverso di vivere le relazioni. Alla lunga, tutto questo ci cambierà?
“Sarebbe strano pensare che tutto questo non lascerà traccia nelle nostre abitudini e nelle nostre relazioni. La diffidenza nell’avvicinarsi fisicamente a qualcuno, così come la ricerca di nuovi modi di vivere lo spazio, difficilmente ci abbandoneranno da un giorno all’altro. Ma ci stiamo abituando anche ad altro. Il ‘potenziamento’ del mondo online, ad esempio, ci sta offrendo la possibilità di raggiungere facilmente realtà prima considerate lontane e questo significa, per molti, più apertura mentale. Anche nel mio lavoro sto riscontrando un cambiamento in positivo: chi non si trova nella mia stessa città o nazione adesso può contattarmi e iniziare un percorso, senza dover raggiungere necessariamente il mio studio e questo mi permette di andare meglio incontro alle esigenze delle persone. In generale, se i processi diventano più snelli, è più facile che molti trovino il coraggio o la spinta per raggiungere i propri obiettivi. Insomma i cambiamenti spaventano sempre, ma dobbiamo ricordare che la nostra capacità adattamento è un’alleata preziosa nei momenti più difficili”.