“Mi chiamo Giulia, ho 30 anni e sono un’infermiera. Nel mese di marzo mi sono ammalata di Covid-19”. Inizia così il post su Facebook di Giulia Oriani che racconta il suo calvario e dedica il suo breve scritto “a tutti i complottisti”. Una vicenda un po’ diversa da quelle che siamo abituate a leggere. Giovane, nessun apparente problema respiratorio. Non finisce intubata. Sembra che le sia andata bene. Eppure non è così.
Una decina di giorni dopo che il tampone è tornato negativo, inizia ad avere dolori a una gamba. La diagnosi è di “trombosi venosa profonda”: un grande coagulo di sangue blocca la circolazione di una vena. “Ho 30 anni e il mio sangue coagula come quello di un vecchietto allettato”, scrive.
E non è finita. Dopo aver fatto parecchi esami ed essere stata stata visitata da diversi specialisti, “mi sono sentita diagnosticare una doppia trombosi venosa profonda con riduzione del flusso persistente, dopo due mesi di terapia e parziale dilatazione della vena, una tachicardia sinusale con battiti ectopici ventricolari e sopraventricolari, un disturbo post-traumatico da stress con insonnia, una vasculite post Covid-19”. La paura, i problemi fisici e psicologici, i farmaci, la difficoltà di rimanere in casa: “Convivo con un fantasma, quello della malattia”.
Conclude con una dedica ai complottisti e a chi prende sottogamba questa pandemia, pensando che non gli capiterà nulla. Ricordando che ha solo 30 anni e che le conseguenze del coronavirus dovrà portarsele dietro ancora a lungo, mostra la fotografia di tutte le pastiglie e le iniezioni che le hanno somministrato negli ultimi due mesi e che ancora sta prendendo, allineate su un tavolo.
Abbiamo contattato Giulia e le abbiamo fatto qualche domanda per questo articolo. Ma ci siamo rese conto che quello che dice merita di essere letto direttamente e così abbiamo scritto in un altro spazio la sua intervista.
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