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Memoryscapes, il museo virtuale gratuito dei filmati di famiglia che raccontano la storia degli italiani

A Venezia una donna in un elegante cappotto a quadri danza tra i piccioni in piazza San Marco, stringendo tra le mani la propria macchina fotografica. A Capri i tuffi ripresi in slow-motion caricano di pathos l’acrobazia di un giovane atleta. Qualche anno dopo, una famiglia è davanti alla cinepresa durante un picnic tra le rovine millenarie di Paestum, con tanto di salame e damigiana di vino. Sono le immagini di un’Italia felice che è appena uscita dalla guerra e che guarda con ottimismo al domani. Filmati di famiglia custoditi in tutti questi anni nelle case degli italiani e che ora tornano alla luce in un grande progetto di memoria collettiva realizzato da Home Movies, l’Archivio nazionale del film di famiglia. Si chiama Memoryscapes” ed è la prima piattaforma digitale dedicata al cinema privato. Raccoglie più di mille filmati di breve durata (di uno o due minuti) realizzati tra gli anni Venti e gli anni Ottanta del Novecento. Un patrimonio straordinario ora accessibile a chiunque da pc o smartphone.

Un progetto realizzato con il contributo della Regione Emilia-Romagna e del Ministero dei Beni culturali, in collaborazione con l’Istituto storico Parri e le società di comunicazione e storytelling Kinè e Bradypus.

Il sito propone due percorsi tematici attraverso l’Italia perduta e ritrovata nelle immagini dei cineamatori. Il primo, “Lungo la via Emilia”, è dedicato alla vita e ai paesaggi dell’Emilia Romagna. Il secondo, “Cartoline Italiane”, mostra le meraviglie della nostra penisola con gli occhi dei viaggiatori del passato. Un’Italia povera, fatta di borghi e di famiglie di contadini al lavoro nei campi, di donne riprese con il cappello di paglia o il foulard in testa mentre si passano di mano in mano pesanti fasci di grano dopo la mietitura. Antichi riti, come la benedizione delle barche e le operazioni di rammendo dei pescatori intenti ad aggiustare le reti nel porto di Castellammare del Golfo, a Trapani, con la coppola nera in testa.

Ma c’è anche un’Italia più spensierata, fatta di sfilate femminili sulle spiagge, passeggiate a cavallo o sugli asini e feste patronali. Ogni clip è una microstoria. Spaccati di vita privata che raccontano una storia più grande, quella dell’Italia e dei suoi cambiamenti lungo tutto l’arco del Novecento. “Una storia vista dal basso, da persone che non avevano l’intenzione di raccontare la Storia d’Italia. Ma i loro contributi ci offrono oggi una sguardo collettivo”, spiega Paolo Simoni, direttore dell’Archivio e responsabile del progetto. “Nella scelta delle clip, abbiamo privilegiato lo sguardo e lo stupore sulla vita quotidiana. Un piccolo elemento visivo o narrativo, apparentemente insignificante, in realtà apre scorci e offre spunti per raccontare il grande ritratto di un’epoca”.

Accanto ai filmini dei viaggi di nozze a Venezia e delle scampagnate in montagna, ci sono anche le riprese dei grandi eventi sportivi o storici. Dalla corsa delle Mille Miglia al Giro d’Italia fino all’arrivo di un paracadute sul campo da calcio per festeggiare lo scudetto del Torino nel 1976. E poi il primo traffico cittadino davanti alla stazione Centrale di Milano negli anni Cinquanta mentre un vigile tenta di dirigerlo da una pedana. In un altro filmato si vede anche un pezzetto della storia d’Italia. “Il duce vi guida” è la scritta che campeggia su un muro di Genova, alle spalle dei militari con il fucile sulle spalle pronti a partire per l’Etiopia. Correva l’anno 1938. Chi riprende li segue fino al porto dove i soldati carichi di armi e viveri salgono in massa sulla nave: il tricolore sventola a prua. Lo stesso tricolore che, in un video di qualche anno dopo, abbracciano gli italiani scesi in piazza per festeggiare la Liberazione.

“A volte gli elementi storici sono sullo sfondo, altre volte c’è la volontà di documentare e di lasciare una testimonianza del proprio passaggio”. Un patrimonio che racconta un secolo di storia da un punto di vista diverso: “Non quello della cronaca sportiva, ma dello spettatore a bordo strada o seduto sugli spalti”. È questa la ricchezza del cinema di famiglia: clip amatoriali, realizzate con pellicole economiche e cineprese leggere, che offrono uno sguardo inedito e più intimo sui fatti storici. “Molto diverso, ad esempio, dai filmati dell’istituto Luce. Perché nel cinema privato, lo sguardo tra chi filma e il soggetto ripreso è diretto e ravvicinato”. Anche per questo, il direttore Simoni invita a guardarli non solo con un sentimento di nostalgia, ma anche con spirito critico.

“Ci sono immagini particolarmente significative e che stupiscono se si pensa all’epoca in cui sono state girate: vedere la disinvoltura e la spensieratezza delle ragazze in costume nelle spiagge degli anni Trenta, mostra uno scenario culturale diverso da quello che immaginiamo pensando alla prima metà del Novecento”.

Dopo anni in cui questo patrimonio domestico, fatto di immagini di vita quotidiana, è stato dimenticato, “adesso comincia a vederne riconosciuta l’importanza, anche a livello internazionale”. Tanto che al Moma di New York, di recente, è stata fatta una mostra sugli home movie, interrotta poi per via del coronavirus.

Questi filmati – girati in Super8, 8mm, 16mm, 9,5mm – portano con sé una riflessione anche sull’oggi. Non solo per quello che mostrano, ma anche sul mezzo e sui canali di fruizione. Questi video, osserva Simoni, “nascevano per essere privati e venivano guardati solo dalla famiglia o da un ristretto numero di conoscenti. Oggi la tecnologia e i social ci portano a produrre le immagini con l’intenzione di renderle pubbliche. Vengono immesse in una sorta di società dello spettacolo amplificata a cui tutti partecipiamo. Ci sono differenze enormi di linguaggio e la loro funzione sociale dunque è completamente diversa”.

Questo articolo è stato pubblicato su Huffington Post

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