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Come cambierà la nostra vita dopo il lockdown? Paura del contagio, resilienza e nuovi modi di comunicare: la psicologa risponde

Il lockdown andrà avanti ancora per un po’. Nel frattempo siamo arrivati ai coltelli con i coinquilini. O alle feste in videochiamata perché non ne possiamo più di pulire ogni centimetro della casa e abbiamo visto tutte le serie tv prodotte negli ultimi dieci anni. Ma ci abitueremo mai a questa prigionia? E che cosa succederà dopo?

Nell’ultima conversazione con la psicologa, Ilaria Albano, abbiamo parlato di cosa ci rende nervosi, iperattivi o pigri restando a casa. Ora ci chiediamo in che modo questa situazione possa influire sulla nostra vita, anche futura, e sul nostro modo di rapportarci agli altri. E come fare tesoro di questo tempo in solitudine.

Ilaria Albano

Questa parentesi nelle nostre vite, che sconvolge la nostra routine, influirà anche sul nostro futuro?

“Ci saranno sicuramente delle ripercussioni nel nostro modo di vivere e di relazionarci con gli altri, almeno nel breve termine. È difficile prevederlo ora, nel pieno dell’emergenza, ma voglio pensare che acquisiremo tutti più consapevolezza su come siamo fatti e su quanto riusciamo a essere resilienti al nostro ambiente domestico. E a noi stessi”.

Come approfittare di questo tempo per renderlo positivo per noi e per il nostro futuro?

“Siamo bombardati da consigli su cosa guardare, cosa leggere e cosa imparare: come se dovessimo sentirci sempre in dovere di non annoiarci mai e fare qualcosa, qualsiasi cosa, pur di non ‘sprecare il tempo’. Il mondo online oggi è la nostra salvezza, ma stiamo attenti a non farci sopraffare: una volta finito tutto, potremmo ritrovarci molto stressati o, al contrario, sentirci  in colpa per non essere riusciti a stare allo stesso passo degli altri. Partiamo, quindi, da noi stessi. Impariamo ad ascoltare il nostro corpo e l’ambiente in cui siamo immersi e usiamo questo tempo per fare, sì, ciò che normalmente non riusciamo a fare, ma concediamoci anche il lusso di non fare niente. Da quanto non succedeva? Chiediamoci: ‘Riesco ad entrare davvero in contatto con i miei bisogni? Scelgo io quello che voglio imparare o lo fa qualcun altro al mio posto?’ La cosa più importante da imparare in questi giorni è essere più tolleranti con se stessi”.

Come sarà tornare alla vita “normale” dopo settimane (o mesi) in cui siamo in questa strana situazione dove il tempo, lo spazio e le relazioni sono così diverse?

“In questa situazione ci stiamo dimostrando capaci di reagire e reinventare le nostre vite: ne sono la dimostrazione i continui flashmob, le video chiamate degli amici lontani e la grande attivazione online di questo periodo. Non so bene quali forme assumerà il nostro stare in società dopo la pandemia, sicuramente potremmo portarci dietro ancora per un po’ la paura del contagio o il distanziamento fisico. Ma ho fiducia nella nostra capacità di adattamento e del nostro essere ‘animali sociali’: sono certa che continueremo a comunicare e a fare gruppo, probabilmente in modi che non possiamo ancora immaginare”.

Esiste un momento in cui ci si abitua a questa situazione, così diversa dalla “normalità”?

“Ci hanno detto di cambiare le nostre abitudini, praticamente da un giorno all’altro, e, ognuno con i suoi tempi e con le normali difficoltà dovute alle rinunce personali, ci stiamo gradualmente riuscendo. Stiamo mettendo in gioco tutte le nostre risorse migliori per farlo, del resto, l’evoluzione da sempre ci sfida ad adattarci ai cambiamenti, quindi resto fiduciosa sulla nostra risposta”.

C’è stato un momento in cui tutti uscivano sul balcone a cantare: un appuntamento per sentirsi vicini in questa condizione di isolamento. Poi, dopo questa euforia iniziale, non c’è più stato niente. Perché?

“Penso che una rottura ci sia stata dopo la diffusione di un’immagine molto toccante: la lunga fila di mezzi militari che trasportano le salme a Bergamo. In quel momento, dopo una prima fase di mobilitazione e, forse anche di euforia, con iniziative e flashmob, l’intera comunità ha dovuto scontrarsi con l’aspetto più amaro di questa realtà. Un aspetto che forse inizialmente si preferiva ignorare. Di fronte al lutto e alla sofferenza, la noia e la reclusione delle giornate in casa sono sembrati dei problemi irrilevanti e ognuno di noi ha ridimensionato il proprio personale ‘dramma da quarantena’. Sono diminuite anche le battute e i meme: penso che in molti abbiano preferito rispondere con il silenzio e affrontare questa lotta in modo più sobrio. Se ci sentiamo dei ‘privilegiati’ in questa situazione non dobbiamo sentirci in colpa, ma possiamo utilizzare le nostre risorse per aiutare gli altri”.

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