Ci scrive Marco Angarano:
Oggi mi sono laureato.
La mia tesi, per ora, resta un “pdf” nel mio computer. La vedrò stampata quando si potrà di nuovo uscire di casa liberamente, e quando le copisterie riapriranno. L’ho inviata via mail al mio relatore, insieme alla presentazione. Poi la commissione di laurea dell’università si è riunita su Skype e ha valutato il mio lavoro.
Niente discussione, niente proclamazione, niente corona d’alloro. Nessuna stretta di mano, nessun abbraccio. Ho aspettato a casa, con ansia e un po’ di tensione, la mail con il responso.
Quando il voto è arrivato, ho gioito. Per un momento soltanto. Ho gioito per la soddisfazione di essere riuscito ad arrivare fino in fondo in un percorso che, non lo nascondo, è stato lungo e faticoso, ma anche appagante. Un percorso che è durato tanti anni, e in cui mi sono sempre diviso tra il lavoro, le lezioni, gli esami e l’impegno come rappresentante degli studenti in università.
Ora, finalmente, sono dottore in Scienze e tecnologie erboristiche: il sogno di una vita.
Mi sono laureato con 101 su 110. Ho festeggiato a casa con una bottiglia di vino e un piatto di spezzatino. Ma quella di oggi è una felicità che resta sospesa, non completamente espressa. Il giorno della laurea doveva essere, per me e come tutti, una liberazione. Ma in questo momento non è quello che sento.
Dentro di me sento solo una piccola gioia, che attende di emergere in tutta la sua potenza, al momento giusto.
Per ora resto a casa. Mi sono fatto un regalo: ho stappato la bottiglia di Barolo che stava in cantina da un po’ e che tenevo in serbo per questo giorno.
Marco Angarano, che ci racconta questa storia, ha 55 anni. Nel 1998 si era iscritto al test d’ingresso, “un po’ per scherzo”, superandolo. Per un po’ ha frequentato le lezioni a tempo pieno, mantenendosi con lavoretti e massaggi shiatsu. Fino a quando non ha trovato un impiego in una rivista specializzata, e ha messo da parte l’università. Un giorno, ricorda, “ho intervistato per il periodico una docente della Statale che mi ha incoraggiato a tornare sui miei passi”. Così, tre anni fa, si è riscritto all’università. E oggi, da casa e senza nessuna cerimonia, si è laureato.
Nelle università milanesi ci sono più di mille iscritti come Marco. Studenti che hanno più di 50 anni e rincorrono il sogno di una laurea. Un popolo, quello di chi sceglie di tornare sui libri in tarda età, sempre più numeroso: negli ultimi cinque anni, a Milano, è cresciuto del 24 per cento. Sono pensionati, ma anche lavoratori che spesso si dividono tra famiglia, studio e ufficio. Senza contare chi è fuoricorso da una vita.
La Statale è l’ateneo che ne conta di più. Ma cosa studiano? I più son iscritti a Filosofia e Storia, ma anche a Beni culturali, Lettere e Giurisprudenza. Ma qualche studente con i capelli bianchi si vede anche in via Celoria nelle facoltà scientifiche di Fisica e persino a Medicina.
I pensionati non si perdono una lezione e non di rado arrivano alla lode. Alcuni poi proseguono gli studi e si iscrivono alla magistrale. E così, dal Politecnico alla Bicocca sono centinaia gli over 50 che “anziché guardare la tv” preferiscono andare in università. E i nonni li fanno solo nel weekend. Si ingrossa così, di anno in anno, il popolo discreto dei milanesi che, zaino in spazza e quaderni di appunti scritti rigorosamente a mano, rincorrono quel pezzo di carta chiamato laurea. Non per collezionismo – anche se qualcuno ne conta già due – ma, dicono, per soddisfazione personale.
Per alcuni la laurea è il coronamento di una vita. Per altri, una forma di riscatto. Come Carla Maggi, 53 anni, che studia Economia all’università Cattolica, dove gli over 50, dal 2014, sono più che triplicati. Dopo il diploma di ragioneria non ha avuto scelta: “Sono andata a lavorare per aiutare la famiglia, ma appena ho avuto uno stipendio che mi permettesse di pagare le rette mi sono iscritta”. Prima ai corsi serali, poi alla triennale e,
infine, alla magistrale. Ora è al settimo anno fuoricorso, ma, tiene a precisare, ha “sempre studiato e lavorato insieme”. E così, durante la giornata, si ritaglia dei momenti per studiare: al mattino, prima di andare in ufficio, e nel weekend.
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